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News da UNIMA Italia

3 NOVEMBRE 2025

UNIMA Italia saluta Mariano Dolci

Ciao Mariano, grazie di tutto, ti vogliamo bene
Con profonda commozione e infinita gratitudine, UNIMA Italia saluta Mariano Dolci, esperto in burattinologia applicata, teorico, Maestro Insostituibile ed amico. Fondatore della nostra associazione e socio onorario, Mariano ha rappresentato una guida sicura e un punto di riferimento imprescindibile per generazioni di artisti e studiosi del teatro di figura. La sua scomparsa lascia un vuoto enorme ma anche una traccia luminosa che continuerà a guidare quanti, come lui, hanno creduto nella forza viva, poetica e pedagogica del burattino. Mariano è stato una figura unica: capace di tenere insieme la sapienza dell’artigiano e la curiosità dell’intellettuale, la leggerezza del gioco e la profondità del pensiero. Nei suoi burattini, marionette, sagome di teatro d'ombra, c’era sempre qualcosa che andava oltre la scena — un modo di intendere il teatro come incontro, come ascolto, come dialogo con l’altro, nel più alto rispetto, soprattutto con i bambini. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo sa quanto fosse generoso nel condividere esperienze, nel trasmettere saperi, nel costruire ponti tra tradizione e contemporaneità. ​La sua opera, le sue riflessioni e la sua umanità resteranno patrimonio prezioso per tutta la nostra comunità. A nome di UNIMA Italia esprimiamo la più sincera vicinanza alla famiglia, agli amici e a tutti coloro che, nel segno del suo insegnamento, continueranno a far vivere l’anima dei burattini e il suo pensiero. Grazie, Mariano, per la tua arte, per la tua dolce fermezza, per averci ricordato che il teatro è, prima di tutto, atto d’amore.​

Il Consiglio direttivo UNIMA Italia


Mariano Dolci: la luce discreta dei burattini
Mariano Dolci è stato – e continuerà a essere – una delle figure più significative del teatro di figura italiano contemporaneo. Esperto in burattinologia applicata, teorico, ma soprattutto uomo di ascolto. Ascoltava le persone, ma anche i silenzi, le esitazioni, le pause incerte di un bambino che si affacciava per la prima volta sul palcoscenico della fantasia. Le sue mani sapevano costruire burattini, certo, ma in realtà costruivano ponti: tra mondi, tra età, tra fragilità e sogni.​ Mariano iniziò la sua carriera come insegnante di matematica, negli anni Cinquanta. Poi l’incontro decisivo con Otello Sarzi, maestro del teatro dei burattini, che gli cambiò la vita. Da quel momento, la figura animata divenne per lui non un semplice strumento scenico, ma un mezzo di indagine dell’uomo e del mondo.​Negli anni Settanta, chiamato dal Comune di Reggio Emilia e grazie al fertile dialogo con Loris Malaguzzi e l’esperienza pedagogica reggiana, diede vita al Laboratorio di Animazione Comunale. Fu un’esperienza pionieristica, dove teatro, educazione e sperimentazione si intrecciavano. L’obiettivo non era insegnare teatro ai bambini, ma offrire loro un linguaggio nuovo per pensare, raccontarsi, comunicare. Non un teatro da “vedere”, ma un teatro da “fare” e soprattutto da vivere.​Per Mariano, il burattino non è mai stato un oggetto, ma un linguaggio. «Il burattino – scriveva – è un modo di guardare e di parlare del mondo».​ C’è nel burattino un equilibrio sottile, quasi magico, tra il vero e il finto: il bambino sa che non è vivo, eppure accetta di crederlo tale. In questa ambivalenza, “un poco vera e un poco finta”, nasce la libertà del gioco, la possibilità di dire emozioni, paure e desideri che la parola diretta non saprebbe esprimere.​Nel suo teatro la semplicità non era mai banalità. Ogni gesto era misurato, ogni parola aveva il peso di una verità giocosa. Mariano sapeva che il burattino, per funzionare davvero, deve contenere un’anima: quella di chi lo muove, e quella di chi lo guarda. È un tramite, non un fine. ​Mariano ha portato i burattini anche dove il teatro di solito non arriva: negli ospedali psichiatrici, nelle carceri, nei centri diurni, nei laboratori per persone con disabilità. In quei luoghi il teatro di figura diventava strumento di mediazione, di riabilitazione, di umanità condivisa. Restituiva parola e dignità a chi parola e dignità aveva negata.​ Così, nella sua visione, il burattinaio non è più solo artista, ma anche un educatore, o meglio un facilitatore, un costruttore di senso.​Mariano non faceva rumore, ma lasciava tracce. Tracce fatte di mani che costruiscono, occhi che ascoltano, parole che diventano silenzi e silenzi che diventano parole. Il magistero di Mariano è di quelli che accompagnano e sanno guidare standoti al fianco.

Alfonso Cipolla

UNIMA Italia saluta Mariano Dolci
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