Il teatro di figura, il teatro delle figure animate – antropomorfe, zoomorfe o totalmente astratte – è teatro di grande fascinazione, dato che per sua natura induce gli spettatori ad abbandonare ogni realismo per abbracciare la metafora teatrale più conclamata. In questo marionette, burattini, pupi, oggetti, ombre, forme le più fantasiose si imparentano, nella loro essenza teatrale, col melodramma e con la danza. Linguaggi che l’uomo si è inventato per entrare nel profondo, scrostato ogni residuo appunto di realismo.

Cosa c’è di più falso dell’opera lirica, dove addirittura si muore cantando, così come nella danza dove si muore ballando, così come per l’inerte che può acquistare anima e vita?

Tutto straordinariamente falso, artificioso, fasullo, ma proprio per questo più vero del vero. È il pieno accoglimento di una dimensione talmente innaturale da essere naturalissima, perché condivisa nell’accettazione di quel meraviglioso che amplifica le emozioni, anzi le manifesta e le rende possibili nel suo abbandonarvisi.

Il pianto per l’ultimo fiato di Violetta o per quello di Orlando è fatto delle medesime lacrime.

Si rappresenta l’irrappresentabile, rendendolo credibile attraverso un linguaggio che sublima ogni gofferia dell’esperienza spicciola quotidiana.

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