Lunedì 30 ottobre alle 21 si è tenuta una serata in onore della socia onoraria Rosellina Leone, è stata l’occasione per dialogare con lei del mondo del teatro di Figura e della sua fervente attività tra le fila di UNIMA Italia.

L’intervista è stata curata da Francesca Cecconi (Università di Verona)

  1. Inizierei con una prima domanda legata al tuo passato artistico: come hai iniziato tra le figure?

Innanzitutto desidero ringraziarvi tutti per avermi scelto come socia onoraria insieme ad Albert Bagno e a Natale Panaro, sono sinceramente grata di ricevere questo riconoscimento perché in fondo sono una gran pigra, avrei voluto fare molto di più per il teatro di figura e per UNIMA Italia, ma mi sono persa nei vari rivoli della vita. Curiosa per tutto ciò che mi circonda, ho messo insieme tutto, dal teatro all’arte, dal piacere del documentare all’agricoltura.

Ho seguito con molto piacere i racconti di Albert e di Natale durante la Giornata Mondiale della Marionetta [ndr. Si fa riferimento all’incontro con i soci onorari 2023 realizzato durante la GMM23] e sono molto contenta di questa condivisione, con loro ci siamo incrociati sulle tangenti delle nostre storie. Momenti di condivisioni come l’esperienza dell’Albero azzurro, del Teatro Verdi, dell’incontro con Tinin e Velia Mantegazza, l’incontro con Otello Sarzi, i primi festival di Cervia e di Parma…

Per rispondere alla domanda specifica del come ho iniziato, dobbiamo ritornare ai tempi in cui ero insegnante di lettere in una scuola media in un paesino del comasco e avevo una classe molto difficile.

Da poco avevo letto “La grammatica della fantasia” di Gianni Rodari e pensai ai burattini, che già conoscevo per aver visto da bambina le guarattelle a Napoli, per aver invitato Nunzio Zambello per una festa dell’Unità a fare spettacoli nei quartieri e soprattutto il mio correlatore della tesi Ettore Massarese, che mi aveva introdotta nel mondo del teatro poiché in un suo spettacolo aveva utilizzato i burattini. E così, in modo improprio e molto informale, iniziai a usare delle specie di burattini che i ragazzini utilizzavano dietro alla lavagna, avevo notato che giocando in quel modo riuscivano a sbloccarsi. Un giorno, un mio collega mi annunciò che il Teatro Verdi di Milano aveva promosso un corso per burattinai, così mi precipitai e m’iscrissi al corso. Mi si aprì un mondo, lì ho conosciuto Luì Angelini, Albert Bagno e tanti altri, ho seguito il corso di gommapiuma che teneva Velia Mantegazza, ho provato a realizzare i miei primi burattini di cartapesta seguita da Tinin Mantegazza, ho visto tantissimi spettacoli al Teatro Verdi, ho seguito le prime lezioni di Remo Melloni al Teatro Verdi, ho visto per la prima volta gli spettacoli di Otello Sarzi, di Benedetto Ravasio. I miei amici di Napoli, Fioravante Rea e Olimpia Tartaro, mi venivano a trovare e seguivano anche loro i corsi di Velia sull’uso del gommapiuma. La mattina facevo l’insegnante e il pomeriggio prendevo un treno per Milano per seguire il corso.  Poi un giorno Tinin Mantegazza e Remo Melloni ci comunicarono che la Scuola del Piccolo Teatro di Milano promuoveva un corso per burattinai, un corso di Teatro Popolare a Corso Magenta, e che per essere selezionati occorreva non aver superato i 26 anni. Per mia grande fortuna sono nata il 31 ottobre e quindi non avevo ancora compiuto 26 anni, feci la domanda, feci l’esame e ricordo anche la domanda più critica: mi fu chiesto anche quanti denti aveva Sandrone, superai l’esame e fui ammessa al corso.

Ho conosciuto una nuova realtà e un nuovo orizzonte si è aperto, lì ho conosciuto da vicino Otello Sarzi, Francesco Sarzi e Gigliola che arrivava di tanto in tanto con Morello del Teatro delle Briciole. Otello era arrivato con un camper posizionato nel cortile della scuola. Doveva essere un corso di pochi mesi, ma tutti ci appassionammo tanto che pensammo di realizzare degli spettacoli e così iniziammo ad andare da Roberto Leydi (allora Direttore della Scuola) a chiedere proroghe e lì entrai in sintonia con Paola Bassani, per varie ragioni eravamo abituate alle trattative per via dei nostri trascorsi politici. Eravamo io e Paola ad andare nell’ufficio di Roberto Leydi a chiedere proroghe, che di volta in volta ricevevamo e non solo, per farla breve, in quel primo anno ci mettemmo tutti a lavorare per preparare i nostri primi spettacoli, per incanto si formarono i gruppi, con Mita Bosotti, Paolo Vivaldi, Agostino Cacciabue e Paola Bassani iniziammo a preparare “Oh che Merlotti o e che pazzia” e “La barba del Conte” da Italo Calvino.  Con Andrea Gatti iniziai ad occuparmi del teatro delle ombre, Otello ci aveva proposto una baracca a tre ante, il testo era “Il palazzo delle scimmie”, tratto dalle fiabe di Italo Calvino. Grazie all’aiuto di mio padre preparai lo storyboard con tutti i disegni. Ma la questione non finiva qui, Otello ci seguiva passo dopo passo nella fase di ideazione e preparazione. Roberto Leydi chiamò anche Gabriele Marchesini per la regia e Tiziano Perotto per fare le scenografie.  Per i costumi ci aiutò Rosalba Maggioni, che faceva la sarta a Rho. Per la drammaturgia dei testi fu chiamata Silvana Colonna.

Intanto, un altro gruppo corposo si occupava della realizzazione di uno spettacolo di pupazzi in gommapiuma guidati da Luciana Cesari e Claudio Mustacchi.

Un gran fermento nella scuola e così arrivammo a realizzare e concludere i nostri spettacoli e a fine anno tutti in Sala Azzurra per la rappresentazione. Vennero anche i funzionari del Comune di Milano, gli spettacoli andarono bene e così ci ingaggiarono per fare spettacoli nelle scuole.   In men che non si dica ci costituimmo in compagnia.

  • Ti va di raccontarci la tua esperienza al laboratorio Mangiafuoco?

Sì certo, siamo nati lì tra i palchi della Scuola del Piccolo, tra gli incontri con Roberto Leydi, con le lezioni di Otello Sarzi, e di Remo Melloni, con le incredibili lezioni di Don Aceti, con tutte le opportunità che ci venivano offerte da adulti attenti.

Alla Scuola del Piccolo ci siamo conosciuti e lì abbiamo iniziato a preparare i nostri primi spettacoli. Dopo il primo anno di corso Roberto Leydi propose un secondo anno di corso annuale, un corso speciale di formazione sul teatro popolare di animazione, oltre a Otello Sarzi ci furono altri docenti come Fernando Garda, Maria Perego, Gabriele Marchesini, Paolo Baroni. Che dire?  Grandi opportunità, con Roberto Leydi che ci seguiva sornione dal suo ufficio, come solo lui sapeva fare, appena c’era un bisogno, c’era una soluzione e ci faceva incontrare i maestri giusti.

Dopo e durante questa formazione iniziano le nostre prime tournée, oltre agli spettacoli rappresentati per il Comune di Milano iniziammo con una prima tournée in Basilicata, presso piccoli comuni. Io, Mita Bosotti, Paolo Vivaldi, Paola Bassani ed Agostino Cacciabue ci costituimmo in compagnia, trovammo la nostra prima sede a Via Tarabella e acquistammo il nostro primo furgone. Sì noi potevamo contare su una solida base di collaboratori, grazie alla scuola e grazie ad Otello Sarzi, collaboratori che si mettevano a disposizione e ci seguivano in tutte le nostre tappe con consigli ed azioni pratiche. E così avevamo già un nostro piccolo repertorio: “La barba del conte”; “Re Tuono”, “Il palazzo delle scimmie”.

All’inizio facevo ancora l’insegnante e mi occupavo di organizzazione, poi iniziarono le tournée fuori Milano, dovevo prendere una decisione se volevo fare anche gli spettacoli e così lasciai la scuola, con grande coraggio mi licenziai e diventai burattinaia a tutti gli effetti e a tempo pieno.

Mi piaceva costruire i burattini, fare laboratori ed occuparmi di organizzazione. Avevamo avuto anche l’opportunità   di animare “I balli plastici” di Depero. Poi l’incredibile preparazione dello spettacolo “Magia Persa” (1981), con il testo di Carlo Ippolito, tratto la libro di David Mckee, e le scenografie di Tiziano Perotto con la regia di Gabriele Marchesini.

 Roberto Piumini aveva da poco pubblicato il suo primo libro “Il giovane che entrava nel palazzo” e noi gli proponemmo un riadattamento del libro “La talpa con i calzoni blu” di Eduard Petiska, passarono pochi giorni e Roberto tornò nel nostro laboratorio con il copione di “In tasca a Blu” e senza perdere tempo decidemmo di mettere in scena lo spettacolo (1982)

Pensammo ad una struttura articolata che rappresentava un bosco, Tiziano Perotto disegnò per noi la scenografia e noi iniziammo a costruire tutti personaggi in cartapesta, il gufo, la volpe, lo scoiattolo, sempre con la regia di Gabriele Marchesini e i costumi di Rosalba Maggioni.

Poi “L’opera de la lune” con le musiche di Paolo Conte e con la collaborazione di mio padre, che disegnò tutti i personaggi e noi a costruire incredibili sagome per uno spettacolo di ombre dove scoprimmo la lavagna luminosa, poi “La creazione del mondo” da Fernand Léger con la regia di Lorenzo Vitalone, “Il sonno di Kikuini, “La storia di Alai” “Motu- Iti”.  Abbiamo sempre messo insieme arte e teatro, ci siamo avvicinati a grandi artisti, abbiamo ripercorso tappe storiche.

  • Passiamo al tuo stretto rapporto con UNIMA Italia. Inizialmente eri stata coinvolta con una sezione speciale definita UNIMA Sezione Ligure – Lombarda; per i nuovi soci che non conoscono questo passato, puoi raccontarci cosa voleva dire? Come e perché era divisa UNIMA Italia?

Sì, per un problema pratico ci si incontrava il più delle volte a Roma perché si trovava al centro dell’Italia ma poi per incrementare gli incontri si decise di creare delle sezioni territoriali per poter lavorare meglio insieme.

In quegli anni, era davvero difficile incontrarsi, occorreva mettersi in treno per ore ed ore o in macchina per poter fare le riunioni e così si pensò a questa soluzione pratica delle sezioni territoriali: nord, sud, centro.

Quindi c’è un pezzo di storia molto lombarda e molto ligure che mi piace raccontare che mi lega ad Albert Bagno e all’UNIMA: una piccola guida UNIMA Italia, sezione Ligure Lombarda, mappa del teatro di Animazione in Liguria e in Lombardia. Con tanta pazienza, ci siamo messi a cercare tutte le realtà di teatro d’animazione, a quel tempo così chiamavamo tutto l’insieme della nostra arte, presenti in Lombardia e in Liguria con Albert Bagno, Giorgio Pupella e Remo Melloni, sotto la guida attenta, anche se distante per via dei chilometri che ci separavano, di Cesare Felici, che ci seguiva con lettere e telefonate. Interessante è la premessa dove si dichiara “In questa ricerca non è stata fatta selezione di alcun tipo perché non vuole essere un catalogo di propaganda delle Compagnie, ma bensì uno strumento atto a favorire la conoscenza della situazione e delle attività connesse ai burattini, e alle marionette e altre tecniche consimili in Liguria e in Lombardia”. La guida comprende elenchi di compagnie, singoli, collezioni, ricercatori, studiosi, giornalisti, pedagogisti, biblioteche, Centri di documentazione, librerie, giornali. Una vera emozionante caccia al tesoro, il nostro tesoro culturale; la ricerca spasmodica ci legava e per ogni scoperta erano salti di gioia. All’epoca comunicavamo con le lettere, con il telefono con incontri tra pullman e treni. Questo per raccontare l’inizio del nostro lavoro, quel senso di condivisione che ci legava e ci lega ancora.

  • Ci hai raccontato che tra le prime importanti esperienze che hai fatto in UNIMA c’è stata una mappatura di compagnie e soci. Ti va di raccontarci qualcosa di più? Come vi organizzavate? Come cercavate i gruppi e gli studiosi?

Ci organizzavamo principalmente con il telefono. Spesso era un passa parola, allora non avevamo i mezzi che ci sono ora. Quando avevamo un nome, un indirizzo, li contattavamo o per telefono o ci mettevamo sui pullman, sugli autobus, sulle auto e sui treni e andavamo a cercarli. Poi scrivevamo lettere o relazioni, appunti, usavamo la posta per comunicare e aspettavamo pazienti l’arrivo della corrispondenza.

  •  Hai vissuto anni di grande fermento e importanza per il teatro di figura, quali sono gli artisti e/o gli spettacoli storici che hanno colpito la mente di una giovane Rosellina?

Ebbene sì, la nostra è stata una generazione fortunata, abbiamo fatto incontri fortunati, visto spettacoli eccezionali, come “La classe morta” di Tadeusz Kantor, spettacoli di Peter Brook, Leo De Berardinis, Eugenio Barba, Mario Martone e non posso dimenticare quando siamo andati a vedere lo spettacolo di Sergej Obrazov, accompagnati da Otello Sarzi. Anni di condivisioni con adulti attenti.

Avevamo la possibilità di vedere gli spettacoli di Giorgio Strehler, di andare al Piccolo Teatro, vedevamo gli spettacoli dei Monti Colla e di Gianni e Cosetta Colla, abbiamo incontrato Luigi Veronesi. Abbiamo frequentato i festival di Parma e di Cervia.

C’è tanto da raccontare di quei primi anni, del clima in cui vivevamo, ma è bene che mi concentri sulla nostra Associazione UNIMA e sull’importanza che questa ha avuto nella nostra formazione, ma anche se superficialmente mi piace ricordare il clima che vivevamo in quegli anni, vedere gli spettacoli era davvero molto importante per la nostra formazione e a Milano potevamo vedere tantissimi spettacoli, perfino le marionette vietnamite, il teatro delle ombre. Per gli spettacoli più costosi ci pensava il dott.re Apriliano dell’Enpals, che mi piace ricordare, ci seguiva in tutte le avventure burocratiche che non capivamo e quando c’erano spettacoli come Momix o il Théatre du Soleil o Paolo Poli, a turno ci portava a teatro con i biglietti omaggio che riceveva. Un clima di condivisione e di attenzione che è stata fondamentale. Giovanissimi venivamo ascoltati e ricevuti perfino dagli assessorati comunali. Avevamo maestri che ci seguivano e ci consigliavano.

  • Tra questi c’è qualcuno che potresti definire tuo maestro o chi sono stati i tuoi maestri?

Il mio maestro burattinaio sicuramente è stato Otello Sarzi perché mi ha, ci ha seguito da sempre, fin dall’inizio, con il suo modo di fare le cose, ma sicuramente accanto ad Otello devo inserire mio padre che mi ha insegnato molto per quanto riguarda la costruzione e il disegno e ci ha seguito anche nelle nostre avventure di compagnia. Ha disegnato per noi i personaggi dell’“Opera de la lune”, è stato con noi in laboratorio, con i rotoli di cartone, con i disegni del progetto andò a parlare con Paolo Conte, insieme a il nostro regista Gabriele Marchesini, per avere le sue musiche.

Non posso dimenticare che, a modo loro, anche Tinin e Velia Mantegazza sono stati miei maestri: Tinin soprattutto per quando riguarda la parte dell’organizzazione mentre Velia mi ha insegnato la pazienza di trasformare in sfera un cubo di gommapiuma.

La prima persona che mi ha introdotta nel mondo del Teatro è stato Ettore Massarese, docente di storia del Teatro della Federico II di Napoli, negli anni 70 assistente di Giancarlo Mazzacurati, teneva un corso di teatro su Ibsen ed altri autori. Poi certo s’impara in tanti modi, soprattutto vedendo gli spettacoli.

  • Abbiamo dedicato a Dedalo – la prima rivista UNIMA Italia – alcuni appuntamenti online, ma c’è un altro progetto editoriale molto importante che ha visto la presenza di UNIMA e che ti ha visto coinvolta, penso ai monografici dedicati a Sipario, ti va di raccontarci qualcosa?

Si certo, credo che il rapporto con Sipario e con Mario Mattia Giorgetti è un’altra parte della storia di UNIMA da raccontare. Siamo nel 1994, sono trascorsi quasi dieci anni dalle pubblicazioni di Dedalo (1984-1985-1986). La Redazione UNIMA era composta, oltre a me, da Otello Sarzi come presidente, Luigi Marsano come segretario, Cesare Felici come tesoriere e i consiglieri Fulvio De Nigris, Mariano Dolci, Luisa Di Gaetano, Renato Rizzardi.

Nella presentazione del n°1 supplemento quadrimestrale allegato alla rivista Sipario n.1, Giorgetti scrive “Sipario si apre ad una nuova iniziativa: pubblicare con una scansione quadrimestrale un fascicolo dedicato al mondo del Teatro di Animazione realizzato da l’UNIMA, l’organizzazione che raccoglie gli operatori di questo settore” e usa il termine “tenacia” per descrivere la volontà di realizzare questo progetto. È proprio su questo termine che credo sia importante riflettere, per realizzare qualsiasi cosa occorre la tenacia, che è una forza per portare avanti progetti in cui si crede, spesso ci si arrende, si pensa che non c’è condivisione e interesse, ma solo la tenacia può aiutarci ad andare avanti tra mille difficoltà e indifferenze e così l’appello ai lettori “ad accostarsi con interesse, perché storicamente rappresenta una grande anima del nostro immaginario.

Un primo numero di grande riflessione e confronto.

Luisa Di Gaetano crea dieci domande e interroga sul teatro di burattini, ombre, pupi, marionette: Nicola Piovani, musicista; Vincenzo Cerami, scrittore; Elvio Porta, sceneggiatore; Remo Remotti, pittore e scrittore che esprimono i loro pareri.

Fulvio De Nigris interroga Leo De Berardinis, in quanto direttore del Festival di Sant’Arcangelo sul teatro di figura, e la risposta è sorprendente, dichiarandosi poco esperto del settore, parla di “teatro purissimo nel senso della conoscenza… È per me una grandissima arte, è un teatro puro” e così gli articoli si susseguono trattando vari argomenti.

Renato Rizzardi racconta della scuola di Pulcinella, del Meeting dei “Burattini nel verde” a Castellammare, Antonietta Sammartano esplora i percorsi letterari, Giusy Barbagianni scrive di marionette oltre il possibile, Cesare Felici affronta marionette/burattini e terapia, tantissimi gli argomenti, una porta aperta su un mondo da conoscere e da esplorare.

Poi dopo quattro mesi il secondo numero dedicato principalmente a Maria Signorelli: Ugo Sterpini scrive sulle arti figurative e il “nuovo marionettismo” da Fortunato Depero a Luigi Veronesi ma ancora da Kurt Schmidt, Oskar Schlemmer a Paul Klee.

 Dell’esperienza con Sipario ho conservato le copie degli articoli, gli accordi fatti con la redazione di Sipario, le lettere e soprattutto gli articoli pronti per il terzo numero che non fu mai pubblicato per motivi economici. All’epoca ero una specie di segretaria di redazione, raccoglievo gli articoli, scrivevo lettere, mantenevo i rapporti con  l’UNIMA e con la redazione di Sipario, da alcune  lettere si capisce che spedivo il materiale anche alla segreteria UNIMA, ma fissata come sono per le carte, ne ho conservato una copia ed ora  ho tutto conservato in due cartelle e presto le darò per l’Archivio UNIMA come è accaduto per tutto il materiale che riguarda Dedalo, sempre con la speranza che qualcuno possa un giorno consultare questo materiale. 

Ci sono articoli di Mariano Dolci, Marco Campedelli, Antonio Califano, Vera e Marco Spinedi Nani, un intervento di Mikael Meschke, uno scritto di Otello Sarzi sulla professione, continuano le interviste di Luisa Di Gaetano a Tiziana Monari a Vittorio Risi, e c’è anche un’intervista a Luigi Compagnone, fatta da me con le domande preparate da Luisa Di Gaetano. E ci sono le notizie su Festival e Convegni. Alcuni fogli stampati con la carta delle prime fotocopiatrici e dei primi fax, si sono cancellati.

  • Concludiamo questo nostro viaggio con uno sguardo sull’oggi e sul futuro. Cosa ne pensi dell’attuale situazione del panorama di teatro di figura e cosa ti aspetti per il futuro, in particolar modo relativamente a UNIMA ITALIA?

Per quel che mi riguarda, mi sento testimone di questo periodo fino agli anni 90. Nel momento in cui sono tornata a Napoli  ho visto la nascita della “Giornata della Marionetta”, sulla costiera amalfitana, con il Presidente UNIMS Aldo de Martino, quella del Festival Burattini nel verde a Castellammare di Stabia, ho partecipato agli eventi organizzati dai Teatrini e dal teatro delle guarattelle, ho visto l’avvio di Casa Guarattelle di mio fratello Bruno, e la produzione degli spettacoli  itineranti dei Teatrini all’orto botanico di Napoli, ho costruito oggetti magici in cartapesta, ho varcato la soglia di varie scuole nella veste di zia Amelia per  insegnare a costruire burattini e sagome per le ombre…, ho aiutato a raccontare con il teatro di figura eventi difficili in quartieri difficili, ho partecipato a progetti speciali per le donne con Marina Rippa e Monica Costigliola, ho soprattutto giocato con la comunicazione e con l’ironia tutte le volte che ci sono riuscita.

 Gli anni sono trascorsi e da anni avverto il bisogno di raccontare la storia di questa nostra associazione UNIMA e non finirò mai di ringraziare Antonietta Sammartano per aver iniziato a raccogliere la storia della nostra associazione. Per continuare il racconto occorrerà raccogliere le tante testimonianze, le tante esperienze, dei vari segretari e presidenti che si sono avvicendati, per fare questo, occorre la condivisione con tutti i soci. Per fortuna UNIMA ha dato vita al gruppo Patrimonio che è preposto per questo scopo. Per quel che posso cercherò di fare la mia parte.

Arrivando ai nostri giorni trovo davvero molto interessante lo sviluppo della nostra associazione in tempi contemporanei con mezzi fantastici e rapidi: gli incontri on line con internet ci ha riavvicinati tutti, ma anche il sito UNIMA, i tanti progetti condivisi, le newsletter mensili con tutte le notizie. Noi ci barcamenavamo tra Notiziari, dépliant, lettere, telefonate… Per fortuna la caparbietà di Cesare Felici ci ha fatto preparare i Notiziari, allora strumento utilissimo come le newsletter di oggi, occorreva raccogliere il materiale da diffondere, comporlo, scriverlo, e solo che per distribuirlo dovevamo aspettare i tempi della posta e affrontare i costi di stampa e di distribuzione. La cosa bella è che continuiamo a condividere esperienze con gli strumenti che l’evoluzione della società ci trasmette.

Sono molto contenta di far parte dell’UNIMA e molto contenta di vedere tantissimi giovani impegnati e curiosi di sapere. È bello veder nascere il progetto Semenzaio, vedere la partecipazione di tanti soci/e presenti in UNIMA da sempre come Stefano Giunchi, Antonietta Sammartano, Mariano Dolci, Massimiliano Troiani, Giorgio Pupella e tantissimi altri giovani. È bello ritrovarsi. La passione per la storia ci aiuta a vivere il presente e a pensare a un futuro possibile. Grazie a tutti, orgogliosa di far parte di questa associazione e del mondo del teatro di figura. C’è davvero tanto da raccontare e poco alla volta lo faremo. E per quel che mi riguarda cercherò di digitalizzare i documenti che ho di Sipario per renderli patrimonio comune, almeno quelli più significativi e poi spero davvero nella realizzazione di un Archivio UNIMA, credo che con la Commissione Patrimonio andremo avanti su questa strada.

Voglio solo ricordare che la mia prima tessera è del 1982 e ancora la conservo e da allora ho sempre rinnovato la mia iscrizione, è il regalo di natale che mi faccio ogni anno.

Credo che oggi in generale nella nostra società contemporanea manca la comunicazione tra le generazioni, ma noto con grandissimo piacere ed orgoglio che questo non c’è nell’UNIMA, che resta un’associazione di condivisione e di accoglienza.

Ammiro molto il lavoro che state facendo e per quel che posso conto di partecipare anche grazie alle nuove tecnologie. Le assemblee d’Autunno e di Primavera che si svolgono nelle varie regioni del nostro paese sono davvero dei grandi momenti d’incontro per tutti noi, per conoscerci e per condividere esperienze e decisioni utili in un periodo molto difficile per tutto il nostro pianeta e grazie alle condivisioni internazionali riusciamo a essere un’associazione con grandi valori umani e di collaborazione sociale.